Ogni volta che raggiungo il Valparola per scendere in Val Badia, il mio sguardo viene catturato dal Sas da Putia. Una cima che, vista da qui, somiglia più a un montarozzo verde e poco roccioso. Svetta come un faro sopra un mare di nuvole delle tipiche giornate tardo estive. E’ la cima più a nord delle Dolomiti, il Sas da Putia. La montagna del mio “Libro Cuore” come dice sempre Giovanni, è da quando lo conosco che gliene parlo, è li che per la prima volta, a 14 anni, un amico di famiglia mi ha messo un’imbragatura per salire il sentiero attrezzato che porta in vetta. Che ricordi!

Sas da Putia, via classica.

Lungo la strada che da San Martino in Badia sale al Passo delle Erbe, passato il villaggio di Antermoia, il Sas da Putia non appare più come un insignificante verde colle, ma comincia a svelare tutta la sua potenza, un proiettile di roccia ripida e scura che si alza solitario 600 metri sopra i verdi prati del Passo delle Erbe.
E’ un luogo quasi incantato, al mattino presto il silenzio è rotto dai campanacci delle mucche al pascolo. C’è chi parte da qui per fare l’anello del Sas de Putia, passando per il Passo Goma e la forcella del Putia (la Roda de Pütia, in badioto), oppure per salire in cima lungo il sentiero attrezzato, e godere di un panorama a 360 gradi, tra i più grandiosi nelle Dolomiti. Tante famiglie vengono qui solo per una rilassante passeggiata fino alle prime malghe sotto la parete nord del Putia.
Questa è la grande attrattiva degli alpinisti, la parete Nord del Sas da Putia offre diversi itinerari, la maggior parte dei quali sono moderni e di alta difficoltà. Sono solo due le vie più frequentate, lo Spigolo Nord e la via dei fratelli Messner sulla parete Nord. Entrambe hanno tutte le caratteristiche di un itinerario alpino e di avventura, su una grande parete esposta, adatte a chi ama ambienti solitari e anche un pò severi. Ma entriamo più nei dettagli.

Sas da Putia, via Classica. Sulle ripide placche della parte alta.

Lo spigolo nord del Sas de Putia, chiamato anche “Via Classica”, è stato salito esattamente 100 anni fa, nel 1919, da Hruschka e compagni, e affronta le pareti poco a sinistra dello spigolo Nord nella prima parte, a cui segue una sezione più ripida prima della conca e cresta finale, senza mai superare il IV grado superiore di difficoltà, su roccia molto bella e lavorata. C’è un tiro, giusto a metà della salita, che collega queste due sezioni, che in 10 metri molto atletici presenta difficoltà vicine al VI grado se affrontato in libera. Fortunatamente ci sono 6 chiodi che aiutano i meno esperti nella progressione, la roccia è gialla, ripida e un pò scivolosa, e una staffa potrebbe anche essere consigliabile per chi non volesse sputare l’anima.

Sas da Putia, via Classica. Uno sguardo verso il basso dallo strapiombo del tiro chiave.

E’ incredibile pensare che siano passati per di là ormai cento anni fa, chissà con quali astuzie e manovre di chiodi martello e corda! I tiri successivi sono tecnici e ripidi, tanto che ho tenuto volentieri le scarpette ai piedi fino alla cresta finale.
Quasi un mese dopo la salita della via Classica insieme a Giovanni, sono tornato sul Putia insieme ad Enrico e Giovanni Jr. per toccare con mano la via dei fratelli Messner. Avevo letto qualcosa a riguardo per la prima volta in una serata di tanti anni fa al Rifugio Pian di Cengia, sul libro “Discesa al Successo” di Hans Kammerlander, in cui l’autore racconta della sua prima salita (e prima solitaria) della Messner al Putia in un pomeriggio dopo lavoro, che per poco non si trasformava in tragedia.

Sas da Putia, parete Nord, via Messner. Sul lungo ed esposto traverso del terzo tiro.

Da sempre classificata come una via severa, oggi può essere considerata una classica abbastanza ripetuta, che ha comunque mantenuto tutte le caratteristiche di una via avventurosa e impegnativa. In rete si può trovare qualche relazione, ce n’è anche una di Jacopelli su una sua guida ormai fuori stampa, che è abbastanza dettagliata e corretta. Tutte parlano di qualche tratto poco chiaro, dove bisogna arrampicare in discesa o salire tratti di roccia delicata.
Grazie a qualche prezioso consiglio di Nicola Tondini, siamo saliti abbastanza spediti lungo questa magnifica via che sorprende per la logicità nell’affrontare una parete così difficile e complessa come la nord del Putia senza superare il VI grado. I punti di sosta sono sempre attrezzati, i chiodi lungo i tiri sono pochi e fondamentali per indicare il percorso, insieme a qualche cordino nelle clessidre. Rincuora trovarli, anche se vecchi e arrugginiti. Le possibilità di integrare con protezioni veloci sono minime lungo le placche, che presentano roccia molto compatta e nel complesso solida. Qualche tratto di roccia delicata si può evitare (e certi chiodi possono trarre in inganno) se si seguono le placche, secondo la logica dei primi salitori (ovvero prediligendo le placche alle fessure poco solide). Tratti in discesa non ne abbiamo fatti.

Sas da Putia, parete Nord, via Messner. La parte alta. Esposizione garantita.

Avendo una idea ben chiara della parete e di quei pochi ma fondamentali punti di riferimento, insieme a una buona dose di nervi saldi ed esperienza, la Messner è una via che non deluderà chi cerca una vera Avventura in Dolomiti. Giovanni l’ha definita “una via di gambe e di piedi”, e non posso dargli torto. I tiri atletici sono ben pochi, i due bellissimi diedri con uscita strapiombante sono chiodati bene, ma i piedi…arrivati in cima sono belli cotti a furia di spingere. Un’ultima nota che non ho trovato in nessuna relazione, ma che può essere d’aiuto in caso di cambiamento del tempo o se ne avrete abbastanza di run out e tiri psicologici. Dalla larga cengia a metà parete, che si percorre verso sinistra, raggiunta la sosta a tre chiodi alla base del primo bel diedro, si può facilmente raggiungere l’attacco del tiro chiave della Hruschka, proseguendo a sinistra lungo la comoda cengia ghiaiosa per una ventina di metri. Idem poco più in alto, prima del lungo traverso verso destra, sotto gli strapiombi gialli, la sosta della via Classica si vede ed è facilmente raggiungibile con una traversata di pochi metri.

Per entrambe le vie, raggiunta la cresta finale si è presto in cima. Per la discesa, si segue il comodo sentiero attrezzato, dove il cavo nuovo funge quasi da corrimano, in un’ora e mezza a buon ritmo si è di nuovo al Passo delle Erbe, pronti per una meritata birra e qualcosa da mangiare.

Non mi resta che augurarvi una buona salita!