Ho conosciuto Laura l’anno scorso grazie ad un suo caro amico, Maurizio, noi due sciamo insieme ormai da diversi anni. Una appassionata escursionista alla scoperta dei 4000 delle Alpi, ci eravamo accordati per una prima uscita insieme nel gruppo del Monte Rosa. Il meteo, come a volte accade, non era favorevole ad Ovest. Laura, che non voleva perdere l’occasione di una avventura in montagna, una piccola wishlist dolomitica ce l’aveva pronta, e me la sottopose. Una cima escursionistica, un sentiero attrezzato, una ferratina facile…per carità, tutte belle idee. Ho sempre pensato (e l’ho sempre detto agli interessati) che, se una persona o una coppia (diciamo curiosa, vivace e intraprendente) volesse “noleggiarmi” per una uscita in montagna, dovrebbero puntare a qualcosa che da soli e da inesperti non potrebbero mai fare. Penso che le risposi più o meno così “Laura, mi piace pensare che le ferrate e le passeggiate tu possa farle anche da sola. Per piacere andiamo a fare qualcosa di più interessante…tipo…arrampicare!” e lei in un misto di paura ma anche di curiosità, si era voluta mettere in gioco. E si divertì pure un sacco, prima in Cinque Torri e dopo sullo Spigolo del Sass di Stria, il Matterhorn del Falzarego come lo chiamo io (con il tono da presa per il culo, ovviamente!). In cima alla Tofana di Rozes ci siamo ben stati tra una scalata e l’altra, i sogni si sa devono essere realizzati, almeno l’inizio stagione ci ha complicato un pò la vita e reso la salita più intrigante. Sulla spalla, coi ramponi ai piedi, mi sembrò quasi di essere sul Castore.

Sulla spalla della Tofana di Rozes, fine giugno 2021.

Così anche Laura scoprì l’altro lato della montagna, quello verticale. Che l’ha portata a mettersi in forma, persino ad allenarsi in palestra indoor (che forte che sei Laura!). A non pensare che l’arrampicata sia il  sinonimo di estremo, a scoprire che ce n’è per tutti i gusti e difficoltà. E penso che sia uno step enorme per chi non è più un ragazzino/a. Poi un giorno mi mandò una foto che ha sullo sfondo del PC. Il Ghiacciaio del Gigante da Helbronner, con l’Aiguille Marbrée e il Dente sullo sfondo. Io che sono un istigatore, le dico nel mio tono scanzonato semiserio “Dai Laura che l’anno prossimo andiamo a fare il Dente del Gigante!”.

Sullo spigolo del Sas de Stria. Giugno 2021.

Senza raccontarvi tutto per filo e per segno, vi dico che il Dente l’abbiamo salito alla grande a fine giugno, quando le condizioni dell’alta montagna puzzavano già di marcio, con la salita alla Gengiva molto simile ad un ammasso di macerie (più del solito) e la terminale già compromessa. Ora, non ricordo con precisione quando sia saltato fuori il progetto del Cervino, sicuramente il Dente del Gigante è il mio test preferito. Programmarlo per settembre è sempre un pò un azzardo, perché una bella nevicata può chiudere immediatamente la stagione. Ma non avevamo altra scelta in questa calda estate, e con un pò di fortuna e organizzazione last minute, ce l’abbiamo fatta. Per me è stata l’undicesima volta in cima (che fa ridere se pensiamo a quante volte ci salgono le guide locali, ma per me, guida cittadina che vive in Dolomiti è una piccola soddisfazione e, credetemi, è una montagna che mi diverte e appassiona sempre), per Laura è stato un sogno divenuto realtà. Chi l’avrebbe mai detto, salire in cima al Cervino per la cresta dell’Hornli, dopo aver cominciato a toccare roccia solo l’anno prima? Sotto sotto, penso di essere stato il primo a credere in lei. E non mi son sbagliato. Il cuore, la passione, la tenacia e la preparazione, ti fanno fare il salto in avanti.

Dente del Gigante, giugno 2022.

Vi lascio alle parole di Laura, le ho chiesto io di scrivere qualcosa su questo suo “percorso”, per dare voce alle sue emozioni, ma anche per essere un buono stimolo ed esempio per chi ha paura di mettersi in gioco e sognare in grande. Se poi volete dare un’occhiata al Cervino, così, ogni tanto, per vedere come sta, per sognare, cliccate qui.

IL PIÙ NOBILE SCOGLIO. 

Il Cervino, la montagna perfetta.

Questa storia inizia qualche anno fa, ad un nuovo compleanno e con un nuovo regalo da scartare: sfilo il nastro, strappo la carta come la tradizione vuole e leggo il titolo del libro che mi è stato donato: “IL PIU’ NOBILE SCOGLIO” di Reinhold Messner.
Al momento ringrazio e lo appoggio in libreria. Ogni tanto, passandogli accanto, questo libro mi strizza l’occhiolino e così, nel silenzio di una sera d’autunno lo prendo e lo porto con me, e inizio questa fantastica avventura.
Leggere la storia della conquista del Cervino, della montagna perfetta, suscita in me un fascino straordinario. Conoscere in che modo quei valorosi uomini, con le poche conoscenze e i semplici mezzi di allora riuscirono a raggiungere la tanto paventata ma allo stesso tempo tanto desiderata cima, mi fa sospirare e così inizio a sognare ad occhi aperti. Immedesimarmi in quegli alpinisti è come vivere in una vita parallela, una vita che senza accorgermene mi affascina così tanto, fino a desiderare inconsciamente di salire lassù, dove il loro cuore ha trovato finalmente pace.

In vetta al Cervino.

La vita poi fa la sua parte e mi mette a fianco persone speciali che, intuendo la mia tenacia, la mia caparbietà e la mia passione, decidono di aiutarmi a fare emergere i miei sogni e mi danno fiducia. Ed ecco che arriva Alberto, guida alpina di Cortina d’Ampezzo, e insieme a lui arriva l’arrampicata, inizialmente tanto temuta ma che poi si rivelerà a me congeniale. Iniziamo in Dolomiti dalle 5 Torri, poi Cima grande di Lavaredo e così arriva la proposta: l’anno prossimo il Cervino. La mia risposta è affermativa ma evidentemente non mi rendo conto di quel che dico. Faccio finta di niente e quasi senza più pensarci arrampico tutto l’inverno, in palestra e in falesia, fino a maggio quando rivedo Alberto e viviamo la straordinaria esperienza del Selvaggio Blu (le cui asperità e caratteristiche del percorso si riveleranno utilissime anche sul Cervino).
Arriva l’estate e Alberto mi propone il Dente del Gigante, proprio di fronte al Monte Bianco. Ambiente straordinario, da perderci la testa. Divertentissima l’Aguille d’Entreves, percorsa il giorno precedente alla salita del famoso Dente, giusto per iniziare a sentire la roccia sotto le dita e a farsela amica. Tutto va nel migliore dei modi ed io sono immensamente felice.
Ora l’esame è superato e il sogno tanto atteso potrebbe avverarsi. Alberto si informa presso altre guide che ben mi conoscono e anche loro danno l’ok. Il primo passo importante è compiuto: il Cervino si può fare! L’estate però è troppo calda e la speranza di riuscirci sembra ormai scemare; le temperature molto alte hanno messo a dura prova le nostre amate montagne e le salite sul Cervino sono state vietate per un pò. Chissà…
Ma un venerdì pomeriggio di inizio settembre arriva il tanto atteso messaggio “Laura se vuoi ci sono le condizioni, partenza per Zermatt lunedì e martedì la vetta. Hai due ore per pensarci”. Devo decidere, in fretta. Il rifugio è da prenotare e Alberto deve organizzarsi.

La prima corda a pochi minuti dal rifugio. Cervino, cresta dell’Hornli.

Una ricorrenza molto importante per quei giorni mi fa tentennare (e non poco) ma la potenza di quel desiderio non si placa. Alzo il telefono, lo comunico alla mia famiglia ma non è facile per nessuno accogliere il mio entusiasmo. Lo capisco benissimo, questo sport, se non praticato, è un’attività che difficilmente si riesce a comprendere. Ma poi arriva un messaggio. A casa hanno capito la mia felicità, così il cuore si fa più leggero e la mente ora è davvero serena.
E così, in un meraviglioso giorno di settembre, dopo aver conosciuto da poco più di un anno il significato della parola “arrampicare”, mi ritrovo a Zermatt e lui è lì, davanti a me.
Il Cervino visto da Zermatt si presenta immenso, di una bellezza straordinaria. Adesso finalmente sono alle sue pendici, il sogno sta per diventare realtà, l’ossessione sta per liberarsi nel respiro affannato dell’aria, nella vista di quel panorama. Lo osservo con riverenza e capisco che, senza accorgermene, attraverso quei racconti mi è entrato sotto la pelle e non se ne è più andato via.
Anche io quindi, come quei valorosi alpinisti di allora, devo fare i conti con la mia testardaggine, con la mia passione che sempre forte e determinata mi fa battere il cuore finché lassù non troverà pace.
Il timore di non farcela, il rispetto per quella sacra montagna, la competizione che ha fatto la storia tra Carrel e Whymper sono lì quasi a paralizzarmi. Ma Alberto legge i miei pensieri e mi incoraggia “forza andiamo a vederlo da più vicino”.

L’assaggio nel giorno prima della vetta. Cervino, cresta dell’Hornli. Auf dem Grat.

Ci avviamo verso la cabinovia che, tra un panorama e l’altro, ci accompagna verso il sogno, fino allo Schwarzsee. Da qui in circa due ore raggiungiamo la Hörnlihütte, ai piedi del Cervino. I pensieri durante la salita mi fanno volare, mi sembra di vivere in un mondo a sé, in una bolla meravigliosa, in un luogo fantastico, mi sembra di rivivere in quelle pagine di storia. Whymper e i suoi compagni sono lì vicino a me e insieme saliamo.
Arrivati al rifugio Alberto mi riporta alla realtà. “Forza Laura, posiamo gli zaini e poi via a prender confidenza sul primo canapone, si va a provare l’inizio della salita con il chiaro del giorno. Domattina quando inizieremo l’ascesa sarà ancora buio, meglio dare un’occhiata adesso”.
Fino a poco più di un anno fa non sapevo quasi cosa significasse arrampicare ed ora tocca a me. Tocca a me mettere in campo tutto ciò che ho appreso, l’allenamento che ho fatto, la mia testardaggine e, attraverso una passione infinita, mi metto nelle mani di Alberto. Sarà lui la mia guida ed io la sua cliente attenta e silenziosa.
La sera trascorre tranquilla, un’ottima cena, un tramonto degno dei più straordinari dipinti, lo zaino da preparare e poi a letto, con il cuore trepidante e l’emozione che arriva alle stelle fino a toccare il cielo. Sto davvero toccando il cielo con un dito!
Martedì 13 settembre, ore 5. Proprio quando mi accingo io stessa a contribuire allo spettacolo della processione lenta delle frontali che ci precedono, il buio dei dubbi prende il sopravvento e concorre con il freddo a rendere impacciati i primi passi dal rifugio dell’ Hörnli. Mentre vado fiduciosa del mio compagno di cordata, della guida che ho scelto, è proprio la sua corda corta che fa il suo mestiere; ogni tanto mi strattona per indurmi alla concentrazione sul concreto da farsi e l’alba, la luce che sta per apparire e che comincia ad elencare ogni singola cuspide che sta sopra di me, rende più nitide le intenzioni che mi hanno attratto e condotto sin lì.

Cervino, cresta dell’Hornli. Alla Solvay.

Dopo circa due ore raggiungiamo la capanna Solvay a 4000 metri sopra il mare. Il mare… chissà quando qui una volta c’era il mare… I pensieri vanno e vengono mentre il ritmo della salita si fa più lento e avanza di pari passo con il mio respiro, con il battito del mio cuore.
Così, un passo avanti all’altro, nella bolla del mio mondo parallelo, raggiungiamo la spalla, la statua di San Bernardo e infine la vetta. L’estasi silenziosa ed intima di salire sulla cima, sulla cresta del Cervino, resterà per sempre nei miei ricordi più densi di significato: crederci, lottare, sognare e affidarsi. Dare e ricevere fiducia, quattro mani a trattenere una corda, una vita affidata all’altra.

Cervino, cresta dell’Hornli. La ripida corda dopo la Kreuzsatz. Grazie anche a Wolfi degli Zermatters per aver contribuito ad incoraggiare Laura con un bel tirone su quest’ultima sfaticata! 

Alberto mi guarda negli occhi, si ricorda di una richiesta che il giorno prima gli avevo fatto e con uno sguardo ci capiamo. Il mio sorriso diventa più grande e lentamente salgo a cavallo della cresta del Cervino. Poi ridiscendo su uno stretto passaggio, la neve è perfetta, i ramponi affondano i loro denti come meglio non potrebbero. Io mi sento sicura, tanto felice e sicura. Ancora pochi passi e raggiungiamo la croce sulla vetta italiana del Cervino.

Laura sulla vetta italiana. Cervino, cresta dell’Hornli.

Ecco che il sogno diventa finalmente realtà! Una felicità mai provata e che nei giorni seguenti continuerà ad affiorare nella mia mente e nel mio cuore in modo dirompente.
Il tempo di una fotografia e si torna. Le ore scorrono veloci, non c’è tempo da perdere. Alberto mi fa sicurezza, procedo con passo fermo e attento, sotto di noi un panorama straordinario e un vuoto da togliere il fiato. No, non vorrei farlo, non vorrei scendere più.
Ci concediamo ancora un’attimo per uno snack velocissimo e la discesa si prepara davanti a noi. Una discesa lunghissima, quasi infinita ma Alberto è bravissimo e tanto paziente.
Una calata dopo l’altra, una roccia ridiscesa dopo l’altra e i 1200 metri di dislivello piano piano si consumano. Dopo alcune ore tocchiamo nuovamente l’ultima roccia a ridosso della Hornli.
Ed eccoci qui, al termine di questa straordinaria esperienza con il cuore colmo di felicità, una felicità che non riesco a descrivere ma che sono certa continuerà a farmi sognare. Si, a farmi sognare, semplicemente perché il Cervino ti entra nell’anima e non ti lascia più.