Nel 1970 uscì un libro mitico, una guida alle 100 scalate estreme più significative nell’arco alpino. Lorenzo Trento, un caro amico, mi regalò qualche anno fa la sua copia, che custodisco gelosamente e ogni tanto riprendo in mano. Lo spigolo nord dell’ Agner è tra le linee selezionate, e vorrei iniziare il mio post con la presentazione di questa salita da parte dell’autore, Walter Pause.

Walter Pause, “100 Scalate Estreme”. 1970.

Dalle distese alpestri che circondano II Rifugio Vazzoler nel Civetta, guardando verso sud, si riesce a inquadrare ripetutamente lo spigolo nord del Monte Agner, 1600 metri, slanciatissimo e difficile fin dalla base, complicato per l’orientamento. Il protagonista della prima, Celso Gilberti, supera questo gigantesco spigolo nell’agosto del 1932. Sei mesi dopo, all’età di 23 anni, si laurea; nello stesso anno, cioè nel 1933, muore precipitando dalla parete est della Paganella… Questo spigolo affascina tutti coloro che fanno il Civetta; ne sentono parlare, decidono di affrontarlo un giorno o l’altro. Sentono dire che si tratta di un’ascensione dai contrasti estremi, che rappresenta uno degli itinerari più lunghi delle Alpi, benché la vetta non arrivi nemmeno ai 3000 metri. Roccia buona, compatta, difficile, anzi in parte difficilissima. Nel tratto inferiore della via si devono affrontare le spesse macchie di mughi; ci si spazientisce e si invoca rabbiosamente un macete. Quanto farebbe comodo!

Lo schizzo dello Spigolo Nord dell’Agner dal libro di Pause.

L’ambiente è smisurato: spesso si è convinti di essersi smarriti definitivamente, si controlla sulla guida (ma anche quella ormai non è più aggiornata da tempo!) e dopo un periodo di angoscia si constata infine che si è ancora sulla via. Quasi dappertutto l’arrampicata è meravigliosa; qua e là il terreno è pericoloso. Nel complesso un’impresa grandiosa e romantica per scalatori provetti, dotati di elevata resistenza fisica, un’avventura alpinistica affascinante. Se si arriva alla vetta, un cocuzzolo a piramide schiacciata, prima di sera, si riescono ancora a intravedere prima che diventi buio le fiamme delle raffinerie dell’entroterra veneziano. Poi si scende a tentoni per 30 minuti lungo il sentiero, parzialmente attrezzato con funi metalliche, fino al bivacco fisso, stremati come se si fosse scalata la parete est del Watzmann. Per dire la verità quest’ultima sembra un «parquet» a confronto con il tormentato spigolo dell’ Agner. Bisogna possedere un fiuto quasi animale, bisogna avere una padronanza assoluta del proprio corpo e bisogna soprattutto resistere fino in fondo; questo è ancor più vero se il tempo non è stabile. La durata per una buona cordata di due è di 10-12 ore. In minor tempo è difficile conquistarla; anche gli zaini vanno portati in cima. Tante volte dipende anche dalla lunghezza del percorso di accesso: 2 ore è il minimo di tempo richiesto, purché si sia fortunati con l’orientamento. Nella descrizione di questa via in «Alpinismus» si parla di 4-6 ore da Col di Pra fino all’attacco: è esagerato, va bene per gli invalidi. Dietmar Ohngemach non si è nemmeno curato di cercare il sentiero normale da Col di Pra, ma ha puntato direttamente dalla tenda in valle, in direzione della perpendicolare dalla forcella di attacco, salendo a casaccio, completamente senza traccia, ed è arrivato al punto d’attacco abbastanza velocemente. Si tratta di una possibilità, non di un suggerimento per chiunque.

Quando con Gio Pilli salimmo anni fa la parete sud della Tofana di Rozes eravamo soddisfatti per aver compiuto una grande salita (c’era persino Steve House col suo socio Scott Johnston, giusto per dire che il bello non ha grado). Ma quella era solo il primo step.
La Nord Est del Sassolungo per la via Pichl, quella l’avevamo chiamata il Mammut, e ci riuscimmo qualche anno dopo, in una splendida giornata di luglio.
Ogni volta che rientravamo verso casa passando per il Valparola, gli occhi e i pensieri andavano sulle montagne in fondo, le Pale di San Martino, con il T-Rex, “the next level”. L’ Agner e il suo spigolo nord. Uno dei più lunghi delle Alpi, 2000 metri dal fondo valle alla cima, salito da Gilberti e Soravito nel 1932.

GioPilli sul primo tiro. Agner, Spigolo Nord.

Nel mondo verticale di oggi dove tutto è relazionato in dettaglio (o lo deve essere), quelle poche parole di Walter Pause mettono in chiaro la pratica.
Scalare lo Spigolo Nord dell’Agner non è facile ancora oggi, non è nemmeno così popolare. Il macete non serve più (a patto di non perdersi) per superare le due fasce di mughi. Trincee e tunnel nella vegetazione consentono di passare veloci.
Lo Spigolo Nord dell’Agner non si può definire una stupenda arrampicata su roccia, meglio spostare il proprio obiettivo sulle linee a sinistra se è ciò che si ricerca. È semplicemente un viaggio verticale, a pochi passi dalla civiltà. Un’avventura per chi è disposto ad una grande sfaticata, sudata, ravanata, scalata su ogni tipo di terreno, ad usare tutte le forze per arrivare in cima con ancora la riserva per scendere verso valle prima del buio. L’opzione bivacco è eroica, ma la definirei in primis scomoda e “pesante” sotto tutti i punti di vista. Neanche Walter Pause la prende in considerazione, dando il consiglio di fermarsi in discesa al Bivacco Biasin.
Ma andiamo con ordine, per dare un po’ più l’idea di questo spigolo nord dell’Agner con il linguaggio di oggi e la nostra esperienza.

Agner, Spigolo Nord. Sullo sfondo Spiz di Lagunaz e Terza Pala di San Lucano.

L’avvicinamento. In Val San Lucano, una freccia di legno con inciso “Bivacco Cozzolino – Spigolo Nord” la si intercetta bene coi fari della macchina anche alle 3 di notte, se non ci siete mai stati prima. Con gli schianti di Vaia ci sono nuove mulattiere da oltrepassare, ma aspettatevi subito dopo un vero sentiero di montagna. Quasi fosse una semplice traccia, coperta da erba “piangente” alta. Tutte le pippe sulle zecche svaniscono in quattro passi, ormai si è dentro fino alle ginocchia. Ci si controlla strada facendo, o la sera. A noi, incredibile ma vero, è andata di lusso. Di zecche nemmeno l’ombra.

Durante l’avvicinamento c’è solo un punto dove ci si può perdere un attimo, prima di girare a sinistra per entrare nel bosco ripido, poi raggiunte le fisse non c’è più problema. L’attacco, pochi metri a destra del bivio per il bivacco Cozzolino, è segnato da una freccia rossa sulla roccia. Un’ora e mezza dalla macchina a passo tranquillo sono più che sufficienti. 

Lo zoccolo. Se ne leggono e ne ho sentite di tutte. Quello che posso dirvi è che questi primi tiri non sono da sottovalutare. Si salgono con le scarpe da avvicinamento, la roccia è ripida, ben appigliata ma a tratti verticale, normalmente è bagnata o viscida all’inizio (a noi è andata di lusso pure qui, era tutto asciutto). È imperativo muoversi rapidi ma con attenzione, è tutto un cocktail di terra, blocchi di bella roccia e mughi, in lenta ma continua evoluzione. Le soste ci sono, anche una frana nuova (luglio 2022) che si può evitare sulla sinistra. Noi l’abbiamo salita la frana che sapeva ancora di novità, è stato interessante.

Agner, Spigolo Nord. Ancora sulla parte bassa, sulla cresta “stile alpino”.

Le spalle di roccia e mughi prima del larice del bivacco. 
Il benvenuto tra i mughi è ripido e normalmente scivoloso, tra questa fascia e il grande Larice si sale una bella cresta di roccia, ripida e non banale, che sa molto di alpino e si sale con qualche tiro e in conserva lunga. È quasi meglio tenere ancora la testa bassa e non guardare quanta strada manca per la cima. È decisamente troppo presto.

Il Larice. Agner, Spigolo Nord.

Dal Larice è tutta roccia, finalmente! Qui è obbligatorio alzare gli occhi verso l’alto per individuare il caminone con masso incastrato appena a destra dello spigolo, che non è la via di salita, ma prende il nome di “variante dei Triestini”. Ci si passa sotto, delicatamente, aggirando lo sperone, per infilarsi in un grande sistema di fessure e caminetti. Noi siamo saliti come da relazione SassBaloss e Bergsteigen alla sua sinistra per delle belle fessure e camini fino al V grado (qualche chiodo di passaggio e soste attrezzate) per poi rientrare più in alto sullo spigolo vero e proprio con una breve doppietta (sosta già attrezzata). Col senno di poi, sarebbe più rapido stare ancora sulla destra, seguendo il facile, e rientrare più in alto sullo spigolo, proprio dove noi abbiam fatto la doppietta. Ma la parete è enorme, tanto quanto la paura di incrodarsi, fate la vostra scelta.

I tiri chiave.
Lo scrivo al plurale, perché non c’è solo la fessura chiodata e con i cunei. Son passato alle scarpette sul diedro di V, prima del tiro più difficile, Gio qualche lunghezza prima. Lo dico non per vantarmi, ma per consigliarvi questa opzione se non volete buttare via i piedi. Fino a questo momento i tratti facili, con del detrito, sono troppi per avere scarpette ai piedi.
Salito un bel diedro si raggiunge una sosta su un piccolo pulpito, sopra di voi trovate una placca bellissima e liscia che i miei clienti del BAM definirebbero totalmente “unfuckable”. Stupenda per carità, ma sicuramente non salibile 90 anni fa. Basta abbassare lo sguardo da quei cordoni penzolanti, e rassicurarsi nel vedere una freccia che punta a destra incisa sullo roccia. Si scende il gradino, si gira lo spigoletto, e allora bisogna concentrarsi e usare una buona dose di forza e tecnica, perché chiodi e cunei ci sono, ma quasi tutto di brutto aspetto. I friends vi vengono comodi qui.

Agner, Spigolo Nord. GioPilli arriva in sosta dal tiro chiave.

La roccia è anche un pelo unta, a me è sembrato ben più di VI+ (e pensare che più di qualche relazione dice VI-…) ma forse perché lo zaino era pesante ed erano già 10 ore che scalavamo..o forse perché è dura.
Conviene aspettare ancora un tiro per tirare un pelo il fiato, perché il seguente va interpretato ai primi metri dopo la sosta.
C’è ancora uno strapiombino secco qualche decina di metri più in alto, dato di V, ben cordonato se uno vuole mungere, che richiede ancora l’ultima chiusura potente, prima di tirare un po’ i remi in barca e farsi portare dall’esperienza e dall’autopilot su per rocce più facili e poi sullo sperone ormai sfasciato e abbattuto.

Sfortunatamente la via non sbuca sulla cima, bisogna guadagnarsela con un’ultima mezz’oretta di cavi e arrampicottata,senza corde né zaini che possono aspettare al bivio di discesa. Penso sia stato questo dettaglio a convincere GioPilli a salire fino in cima, e nonostante la leggerezza sulla schiena, più di una volta avrebbe voluto tornare indietro perché la cima veramente non arriva mai. La foto di rito la scattiamo, stravolti dal caldo, 15 ore e 10 minuti dopo aver lasciato l’auto 2000 metri più sotto, in val San Lucano.

In cima all’Agner dopo aver salito lo Spigolo Nord.

Strategia e tattica.
Anche se moltissimi programmano la salita dello Spigolo Nord dell’Agner con un bivacco, vuoi per limiti personali o magari anche motivi “eroici”, una cordata dovrebbe riuscire a salire la via in 10- 15 ore. Mi sento di sconsigliare assolutamente il bivacco, e vi spiego il perché. Premesso che una salita del genere va programmata con meteo assolutamente stabile, di Nord c’è solo il nome, tutto il resto è un contesto quasi da pieno sud. Se in più considerate la quota da media montagna, una salita del genere richiede molta acqua.

Agner, Spigolo Nord. Sui tiri dopo il larice, all’altezza della Variante dei Triestini.

Andando al sodo, 3 litri d’acqua a testa sono consigliabili con un gran caldo (a inizio luglio l’isoterma era poco sotto i 5000 metri) se volete uscirne dignitosamente in giornata e non siete dei supereroi laureati in fast & light. Normalmente per scalate veloci, anche fino ai 4-500 metri, non supero il mezzo litro, e a volte nemmeno lo finisco. Sull’ Agner ho bevuto l’ultimo sorso dei miei preziosi tre litri a 5 minuti dal Rifugio Scarpa alle 8.30 di sera.

Non oso pensare a quanta ne dovresti portare dietro preventivando un bivacco certo, oltre a tutto il bailame necessario per dormire e mangiare. Uno zaino ingombrante rischia quasi di essere pericoloso su per lo zoccolo e sicuramente è fastidioso tra i mughi. Non pensiate che in zaino non avessimo un sacco da bivacco in due e un piumino a testa, sarei stato un pirla, non avendolo mai salito prima. Ma l’allenamento di entrambi, la consapevolezza di essere una cordata rapida su quelle centinaia di metri facili, e soprattutto il mindset di partire per una cavalcata dove 1) abbiamo un sacco di ore di luce perché è inizio luglio 2) indietro non si torna 3) non vogliamo bivaccare, questi tre sono stati gli ingredienti fondamentali per una strategia vincente.
Con queste premesse, le due corde sono superflue, a meno che non vogliate affrontare la salita in una configurazione a 3 (magari appunto per dividere il peso di un bivacco, e allora ve lo sconsiglio subito). Una corda intera da 60 metri è sufficiente (anche se andate in 3, sapendo come utilizzarla va benone). Ci sono parecchie transizioni corda corta – mezza corda a tracolla – tiri lunghi, e sarebbe tutto più pesante e complesso con 120 metri di corda da sistemare ogni volta fosse necessario. Con 10 rinvii e un set di friends fino al 2 e siete a cavallo. Più di così, se volete sia severo (ma giusto), restate a casa, preparatevi di più, o fatevi accompagnare. Questa è una salita lunga e impegnativa che va affrontata con rispetto e preparazione.

Agner, Spigolo Nord. Poco prima dei tiri chiave.

Relazioni
In Internet i SassBaloss la descrivono in dettaglio per 50 tiri di corda. Noi abbiamo perso il conto di quanti tiri abbiamo fatto, sicuramente meno di quelli. Molti (e anche diversi miei colleghi) consigliano la conserva lunga per unire molti tiri sia sullo zoccolo che lungo le sezioni facili. Personalmente, quelle volte che mi son fatto prendere la mano linkando dei tiri ero così infastidito dal dover tirare come un musso che non so quanto sia conveniente. I tiri son spesso tortuosi, qualche protezione bisogna pur metterla (nel mio caso molto più per il compagno), ed è molto facile avere attriti quando son fuori 60 metri di corda. Valutate voi, e nel caso potete anche slegarvi. Non è sicuramente una scelta che posso adottare quando accompagno qualcuno.
Ho trovato interessante perché sintetica la relazione di Daniel Ladurner sul sito Bergsteigen. Con una buona traccia su una foto della parete, quella relazione e qualche sguardo magari per la parte alta sulla relazione dei Baloss dovreste essere a posto.
Per avere le ultime info sulle condizioni della salita non esitate a chiamare Marco Bergamo al Rifugio Scarpa. È sempre bene informarsi dai locals, a maggior ragione se sono guide alpine.

Agner, Spigolo Nord. Il Rifugio Scarpa è ormai vicino.

Penso di avervi detto tutto, per me è stata una grande soddisfazione aver accompagnato Giovanni senza aver salito lo spigolo in precedenza, ed esser usciti in giornata e riposato in un letto del rifugio Scarpa dopo una cena per lupi famelici. È stato un viaggio bellissimo e lunghissimo in un angolo selvaggio delle nostre Dolomiti, che ha lasciato una chiara impronta al resto della mia e nostra stagione verticale.