Che estate questa del 2022! Sicuramente caldissima, ma con una serie incredibile di belle giornate che ho quasi perso il conto di tutte le salite fatte in montagna insieme a GioPilli (seguitelo su Instagram!) e altri.
Tra le nostre avventure qualcuna merita di essere ricordata con qualche riga e immagine.
Il Pizzo Badile e la via Cassin era uno dei grandi obiettivi che io e Giovanni ci eravamo fissati qualche anno fa. I progetti vanno preparati accuratamente, e le date vanno fissate nel calendario, non certo accuratamente ma con una buona dose di speranza. E’ un pò come puntare tre numeri al Casinò sperando che siano quelli fortunati. 31, 1 e 2 (agosto), ci siamo giocati tutto su questi tre, e alla fine c’è andata alla grandissima.
Prima di lasciarvi al racconto di Giovanni, voglio dirvi la mia riguardo alla Cassin al Piz Badile. E’ una via bellissima, famosa e quindi iper frequentata quando è in condizioni. E’ fondamentale programmare bene la salita e soprattutto l’avvicinamento, mi fossi trovato con le 8-10 cordate di quel giorno davanti penso sarei andato a casa..trovo insopportabile il traffico in parete, soprattutto in vie del genere.
Si trovano molte relazioni in rete, diciamo che sono tutte più o meno corrette, questa in basso è la mia preferita (link). Quasi tutte descrivono le difficoltà con gradi francesi. E’ più o meno confermato che il grado massimo sia 5c+, una banalità ai tempi nostri. Chi tra i pretendenti di una via del genere si scalda su un 5c in falesia? Penso nessuno. Personalmente trovo fuorviante il gradare in francese vie alpinistiche, mi sembra volerle banalizzare. Tre tiri sono di un bel VI grado, per carità ci sono anche molti chiodi li, vecchiotti e qualcuno molto brutto. Le soste sono tutte attrezzate con vecchi spit roteanti che andrebbero anche sostituiti, ma è sempre meglio di niente. Per una cordata affiata e senza particolari intoppi si esce sullo Spigolo Nord in meno di 7 ore. Una decina di rinvii e un set di friends fino al 2 sono sufficienti.
Riccardo e il suo Badile
di Gio Pilli.
Sono le 4:30 del mattino più o meno. È tutto buio intorno a me e la luce della mia lampada frontale illumina quel breve tratto di sentiero tra le rocce. Ho freddo e caldo allo stesso tempo. Una sensaziona mai provata. Mi sono tolto la giacca perché il sentiero è così ripido e sconnesso che stavo sudando ma ora in maglietta a maniche corte ho anche freddo perché soffia un bel venticello mattutino. Stanco, sempre più stanco. E siamo appena partiti! Il sentiero è ripido poco segnato e con rocce sconnesse da superare con grandi balzi. Non vedo più la frontale di Alberto. Mario e Jared sono già molto avanti. Alberto mi grida: “Dai su ci sono altre cordate…spicciati! Non posso aspettarti sempre mi rompi il passo”. Ho almeno 11 ore di scalata e discesa davanti e non so che dire. Magari alla forcella dico ad Alberto che oggi non ne ho. Che in rifugio non ho chiuso occhio. Che posso fare solo lo Spigolo ma non la Cassin. Che dobbiamo tornare indietro. Dubbi, paure. E poi il buio attorno a me. “Spiccciati” mi urla ancora Alberto. Poi la sua frontale scompare nel buio e io mi ritrovo li nel buio con la mia piccola luce sulle mie scarpe. Quanto mi inquieta quel buio. So che la luce arriverà, ma magari il buio mi inghiottite prima.
Ma facciamo un passo indietro. Anzi 3. Per la precisione 3 anni. Nel 2019 prima del Covid Alberto, parlando della Comici Dimai alla Cima Grande di Lavaredo mi introduce alle grandi 6 pareti Nord delle Alpi. Tra queste il Pizzo Badile. Ai tempi non sapevo assolutamente nulla. Ricerco su Google e immediatamente mi appare l’immagine di una parete imponente con una forma assolutamente spettacolare e aliena allo stesso tempo. Uno scivolo di granito che certamente ricorda quello di una pala conficcata nell terreno. E ancora leggo di Riccardo Cassin e la sua impresa con i compagni di sempre. Quel Ratti e Esposito che con lui avevano condiviso tante avventure in precedenza. E poi degli sfortunati Molteni e Valsecchi. Chissà che modo di fare le previsioni del tempo avevano nel 1937. Certo il GoreTex e altri materiali che noi oggi diamo per scontati non c’erano proprio. Coraggio, tanto coraggio oltre ad abilità tecniche e tanta passione per la montagna. Il Piz Badile entra nei miei sogni. Ma come arrivarci? Tanto allenamento certo. Ma anche una sonora dose di fortuna: il meteo deve collaborare e deve essere bello nelle date compatibili sia a me che ad Alberto. Ci vogliono in tutto 3 giorni e un allineamento di situazioni che sembra quello degli occasionali allineamenti siderali. Ma il Piz Badile lo metto comunque nel cassetto dei sogni. Il 2020 è l’anno della pandemia e quindi niente Italia. Mi ritrovo a scalare nelle Adirondacks. Uno luogo selvaggio dove l’approccio è più di 20Km per 1000 metri di dislivello su sentieri sconnessi. La scalata è placca in frizione con roccia stile granito. Nel 2020 avevo solo quello e ne ero grato ma mi chiedevo se mai avessi ritrovato una scalata simile, io che in Italia scalo in Dolomiti. Ma nel 2020 a caval donato (una scalata) non si guarda in bocca. 2021 con la Lacedelli alla Scotoni, Alberto mi ritiene pronto per la mia prima parete nord delle Alpi: la Comici Dimai alla Cima Grande. Qualche crampo alla fine, qualche momento di paura ma va bene così, una bellissima avventura. Ora il Piz Badile almeno dal punto di vista puramente tecnico sembra un po’ meno impossibile. Ma nel 2021 il Badile si fa desiderare e la neve alla base si soglie solo a fine estate, per la precisione ad inizio settembre. E le date non coincidono. Il sogno rimane fermamente nel cassetto.
2022. Si parte un po’ a rilento perché ho un dolore alla spalla. Poi una volta passato con Alberto ci buttiamo sullo Spigolo Nord del l’Agner in giornata. Sento che la mia capacità di durata è pronta per tutto. Intanto il caldo rende il Piz Badile già pronto a inizio di stagione. “Andiamo o no” mi chiede Alberto? Potremmo usare i 3 giorni richiesti in altro modo. Ad esempio con due scalate consecutive su due giorni. Ma sia per me che per Alberto prevale la linea “qualità meglio di quantità”. Si parte – 5 ore di macchina tra la val Venosta, parchi nazionali Svizzeri e poi St.Moritz. Giù ancora, ma il Piz Badile dov’è? Forse quello? Finalmente eccolo ma poi dopo due tornanti subito scompare come a volersi celare e far desiderare come una bella donna.
Il borgo di Bondo e’ un paesino di poche case. Si capisce che tutto ruota attorno al Piz Badile e al rifugio Sacs Furä. Parcheggiamo ma il Badile ancora non si vede. Partiamo attorno alle 2 del pomeriggio. Alberto mi dice che sono circa mille metri di dislivello e ci vorranno 3 ore forse più. 3 ore per soli 1000 metri – ma va la’! La settimana prima avevo fatto da solo il Sorapiss partendo da San Vito – 2200 metri fatti con comodo in 5 ore scarse. Come è possibile che questi banali 1000 metri siano così lunghi? Mi dico adesso stupisco Alberto con effetti speciali e in 2 ore siamo su. Che pensieri ingenui. Dopo un comodo tratto su strada sterrata il sentiero diventa una avventura verticale. Il caldo del pomeriggio e i mughi mi fanno sudare le proverbiali 7 camicie e naturalmente il mio mezzo litro di acqua finisce subito. Guadi di torrenti e poi su verticalmente su un sentiero sempre più ripido. Barcollo sotto il peso del mio zaino e mi dico “non può essere molto più lunga”. Invece il sentiero continua e continua. Poi d’improvviso si arriva al rifugio Sacs Furä. Un posto meraviglioso. Guardi in alto e finalmente vedi lo Spigolo e parte della parete nord del Piz Badile. La vetta appare lontanissima. E lo e’!!! Ma per ora riposo.
Conosco la guida alpina Mario e mi presenta il suo cliente americano Jared. Saranno con noi domani e faremo un gruppo di 4 anche se come 2 cordate separate. Che faccia familiare che ha Jared come se l’avessi già incontrato. Cominciamo a chiacchierare e lui dice di essere fisioterapista per la nazionale olimpica di climbing e altri sport. Faccio due più due e capisco che Jared è in arte @theclimbingdoctor su Instagram e di cui ho ascoltato numerose podcast su come allenarsi e sulla prevenzione degli infortuni. In America Jared è conosciutissimo. Mi sorprende che sia interessato ad ascese classiche alpine. Ma poi mi confida che quello è il climbing che gli interessa. Come sono diverse le persone in realtà da quello che i social fanno sembrare, per me è una bella scoperta. Mario e Jared si riveleranno non solo compagni simpatici ma fondamentali nel successo del giorno dopo. Al rifugio ci sono infatti già 6 cordate oltre alle nostre due che faranno la Cassin. Troppi e tanti. Un po’ su (molta) spinta di Alberto, un po’ per esperienza, Mario decide che noi 4 ci sveglieremo prima di tutti alle 3am e partiremo non più tardi delle 3:45am. Una scelta assolutamente vincente perché successivamente ci saranno più momenti in cui tutte le cordate si troveranno “compresse” sugli stessi tiri.In rifugio si mangia bene ma poi non riesco a chiudere occhio. Faccio un paio di sogni stravaganti e sono già le 3 del mattino.
Forcella. Siamo arrivati all’attacco e sono quasi le 6am. Il sole sorge e il terrore del buio scompare. Sono meno stanco e mi sorprende. Mi affaccio dal “balcone”, il Viale, e guardo giù nel catino della parete nord. Che esposizione incredibile e che ambiente assolutamente grandioso. Una lavagna di granito. Improvvisamente l’ambiente mi avvolge mi fa sentire a mio agio. So che una volta fatta la doppia in discesa indietro non si torna: “Hic sunt leones”. Ma mi sento bene …mi calo. La paura improvvisamente svanisce. Dopo il breve traverso ci ritroviamo all’attacco. Alberto va via sicuro e dopo poco è il mio turno.
Nel frattempo arrivano altre 3 cordate. Parto veloce ancora con le scarpe da approccio (siamo sul terzo grado) ma come alla partenza del Palio di Siena dove i fantini lottano per la loro posizione al canapi, io mi ritrovo con due persone di fianco e una attaccata al sedere. Metto il turbo anche io e fortunatamente le altre 3 cordate sbagliano un po’ direzione o si infilano in zone più dure per cercare di superare e alla fine mi ritrovo in sosta prima di loro. Via veloci sul diedro e sui due tiri facili successivi. I nostri cambi sono rapidi. Anche Mario e Jared non perdono tempo. Poi ci ritroviamo in piccolo camino tutti fermi. Cosa succede? Una coppia di italiani che poi in vetta si riveleranno molto simpatici è ferma sopra di noi e si muove lentissima. Nel frattempo arrivano tutti. Siamo 5 cordate concentrate in meno di 20 metri. Ancora una situazione da partenza da Palio di Siena dove a volte si cerca di negoziare la posizione altre volte di prendersela. Momenti di tensione e nervosismo generale. Siamo troppi e a tutti gli alpinisti la compagnia sopra un certo numero da molto fastidio. Con il passare dei minuti gli animi si calmano e ci si rassegna. Jared definisce propriamente la situazione un bel “clusterfuck”. Quei due in alto avevano dormito in tenda e si portano su zaini da almeno 15 kg l’uno. Non scalano male – sono solo estremamente pesanti. In vetta alla mia domanda “ma perché fate così e non dormite in rifugio?”, mi risponderanno “ci piacerebbe ma non abbiamo una lira, siamo squattrinati e non ce lo possiamo permettere”. E allora sorrido, li perdono e vedo in loro tutta la spensieratezza di una giovinezza che ti porta a fare cose un po’ senza senso.
Alla fine dopo 30 minuti i due italiani vanno. Nel frattempo Alberto negozia la nostra seconda posizione con una coppia di Monaco di Baviera che non sapendo bene l’andamento della via accettano di scambiare posizione in cambio di indicazioni. Franz il capocordata si rileva una persona gradevolissima e passeremo piacevoli minuti insieme alle soste. Più volte Franz mi griderà dal basso: “adesso dove vado?” – e io “un po’ più a sinistra c’è una lama, lo vedi l’appiglio?” – indicazioni preziose anche per lui.
Alla fine i due italiani vanno e le cordate si sgranano. La scalata diventa bellissima e facile, su granito a placche e slab. Mi trovo benissimo e a mio agio con quella roccia e con il piede spesso a frizione. Sta a vedere che le scalate del 2020 nelle Adirondacks su slabs adesso mi tornano utili. È proprio così! La luce del mattino ora ha un colore giallo oro e aggiunge grandiosità e bellezza all’ambiente circostante. Arriviamo ad una grande cengia alle 9, dove una volta c’era il nevaio. Li iniziano i tiri difficili e siamo a “metà” della via. C’è un contenitore di latta per il libro di via ma senza libro. Che peccato. Nel frattempo i due italiani sentono tutto il peso dei loro zaini su quei 3 difficili e rallentano.
I 3 tiri dalla cengia sono dati rispettivamente di 5c+, 5b e 5c+ e anche se non terribilmente difficili hanno alcuni passaggi delicati e a volte le protezioni sono precarie. Arrivano tutti. Ma questa volta l’umore generale è molto migliorato. Si è su una grossa cengia e le varie cordate possono sedersi e farsi uno snack. Siamo tutti allegri. Mario Jared e Alberto un po’ più sopra chiacchierano e io dovendo aspettare sotto me la passo via con Franz. Passano 45 minuti – alla fine si riparte. Un po’ perché Franz parte subito dietro di me, un po’ per la fretta di non far aspettare gli altri, un po’ recuperare il tempo perduto a 2/3 del tiro di 5c+ che fino a quel momento mi era sembrato facile, faccio una mossa un po’ da “azzardata”. Vedo un piccolo cristallo sul piede destro che mi consentirebbe di alzarmi ancora più velocemente. Ci metto la mia scarpetta sopra e lo carico. Improvvisamente il piede scivola…la corda va in tensione e mi ritrovo appeso con il mio culo a 30 centimetri dalla faccia di Franz. Che idiota! Mi insulto nella mia testa più volte – quando in scalata si fanno le cose di fretta i risultati non sono mai buoni. Franz mi dice non correre, si scusa e mi lascia più spazio.
I due tiri successivi sono molto belli e mi diverto proprio. Il secondo tiro di 5c+ ha un tettino a prese rovesce, è un po’ psycho, le prese sono strane ma ci sono tutte se si ha la pazienza di guardare e provare un po’ cosa è meglio – mi trovo bene. Ci siamo di nuovo sgranati e da ora fino alla cima tutte le cordate proseguono più o meno allo stesso ritmo e non ci si intralcia più. La scalata è sempre più grandiosa e l’esposizione più intensa.
Arriviamo finalmente al lungo camino di uscita. È diviso su due lunghezze. La prima è un camino a V. Vedo Jared affrontare il camino in grande stile. Bello fuori. Poi Alberto che con pazienza supera tutti gli incastri. Il tiro è dato di un misero 5a. La corda va in tiro e parto. Mi incastro sempre di più nella V del camino. Sempre di più …..ora sono così dentro che non so più uscire fuori e mi sembra di nuotare dentro – una fatica bestiale. Un tiro facile che rendo difficile per mancanza di astuzia. Per me sarà il tiro più sofferto nonostante il grado veramente moderato. I 4 tiri successivi sono i finali e sono bellissimi. La luce improvvisamente cambia e diventa più intensa e nitida. Ti rendi conto che finalmente stai uscendo dai giochi di luce e ombre di una parete con orientamento a nord est. La luce mi da una nuova carica. Fino ad ora non ho mangiato niente. Ma sono comunque pieno di energia. E così come per magia mi ritrovo con Alberto sullo Spigolo Nord fuori dalla via di Cassin. È fatta. Ancora 30 minuti di cresta e raggiungiamo ufficialmente la vetta. Abbraccio Alberto. Mi sembra surreale. L’orologio segna le 2:50 del pomeriggio. Alla partenza mi chiedevo se avevo le forze e ora sono ancora pieno di energia. Il buio fa brutti scherzi con la mente. Jared e Mario sono già lì da un po’. Piccole celebrazioni di vetta, mezza stecca di Ritter Sport a testa e via verso il basso sulla la via normale. La normale al Piz Badile non è assolutamente un sentiero e ha numerosi tratti esposti e difficili, specialmente se si è stanchi. Il rifugio Giannetti sembra lì a due passi. Ma più vai avanti più rimane sempre lì a due passi. Non si raggiunge mai. Calate, cengette, giù per sentieri sconnessi. Quando termina questa tortura? Alla grande croce della normale Alberto chiama il rifugio per sapere se c’è posto. La risposta è: “ ci spiace siamo completi”…qualche secondo di panico e poi spieghiamo che stiamo arrivando dalla Cassin al Badile e siamo anche stanchi. Allora tutto cambia – ci offrono prima il bivacco invernale ma poi il gestore alla fine ci troverà un bel posto dentro il rifugio.Ripartiamo verso il basso e rassegnato mi focalizzo su un passo alla volta e sul mio respiro. E come per magia la terrazza del rifugio Giannetti si materializza davanti. L’orologio segna le 5:15 del pomeriggio. È veramente fatta. Ora birra e patatine e ancora birra. La maggioranza delle persone sono al rifugio Giannetti per fare l’ostico sentiero Roma e alcuni la normale al Piz Badile. A cena sia io che Alberto letteralmente risucchiamo qualsiasi cosa ci viene messa davanti. Accanto a noi siedono due ragazze, Erika e Francesca che si mettono a chiacchierare con Jared in inglese. Guardando quanto siamo famelici con il cibo, mosse a compassione ci offrono il loro tiramisù. Non faccio a tempo a dire grazie a Francesca che l’ho già finito! Ma perché ho così fame?
Alcuni ci chiedono da dove arriviamo. Quando gli rispondo che abbiamo fatto la Cassin alla Nord ci guardano ammirati e si congratulano, e ci regalano 3 minuti di gloria. E mentre si congratulano penso a Cassin e i suoi compagni. A quanta gioia devono avere provato facendo la via solo per poi vedere quella gioia svanire nella disperazione della perdita dei compagni, nella paura di quel maledetto temporale. Avendo visto che ambiente è il Piz Badile non si fa fatica a capire come un temporale si possa tramutare in una lotta disperata per la sopravvivenza. La vera gloria non è raggiungere la cima ma essere tornati a casa, aver fatto nuovi amici ed essere stati in perfetta sintonia con il proprio compagno di cordata.
- Relazione Via Cassin, Piz Badile. Cr. Elia Deschenaux 2014
- Via Cassin, Piz Badile.
- Capanna Sasc Furä.Via Cassin, Piz Badile.
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile. Ph Vannuccini
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile. Ph. TheClimbingDoctor
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Via Cassin, Piz Badile
- Il rientro a valle verso Bagni di Masino. Via Cassin, Piz Badile