L’e-bike, che piaccia o no, è la grande novità delle ultime estati. Le sterrate intorno a Cortina d’Ampezzo, a Fanes, su a Pratopiazza solo per citarne qualcuna, sono molto frequentate da ogni tipo di turista. Da chi vuole godersi il panorama facendo il minimo di fatica nel fondovalle fino ai più esperti, che sfruttano le loro gambe allenate e una buona batteria lungo percorsi ad anello molto lunghi e anche tecnici. Io che non sono un ciclista (e mai penso lo diventerò) ne ho presa una, e trovo sia un attrezzo fantastico se usato con testa e con scopi ben precisi.

Guida Alpina Moderna :-) Ph Tremolada

La e-bike può fungere come ottimo mezzo di trasporto in montagna, una valida alternativa negli avvicinamenti a vie ferrate e arrampicate, per aggiungere quel pizzico di avventura in più e divertimento soprattutto in discesa. Ci sono valli dove si può arrampicare che richiedono qualche ora di avvicinamento a piedi ma che diventano accessibili in poco tempo con questo mezzo. Attenzione, non pensate non costi fatica. Con la e-bike bisogna pur sempre pedalare e andarci piano con la batteria, nonostante quasi tutti i rifugi lungo le rotte più frequentate siano attrezzati con colonnine per la ricarica. Con uno zaino abbastanza pesante tra corde e ferramenta si suda e a volte bisogna pure smontare dal sellino e spingerla.
In questo articolo non voglio entrare nella questione “etica”, e nemmeno sulla convivenza camminatori-biker lungo le strade e i sentieri larghi per tutti. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio intorno a Cortina d’Ampezzo alla fine di luglio, insieme a 3 ragazzi di Milano, Jacopo Gio e il Cox. Per cinque giorni abbiamo pedalato, arrampicato e mangiato; salito e sceso sterrate,  seguito le tracce di vecchi sentieri della Grande Guerra. Arrampicato su placche appoggiate di ottimo calcare, salito cime classiche una volta molto frequentate; la Strada de la Vena, le Cinque Torri…Siete pronti per ripercorrere questa avventura insieme? Per iniziare, qui sotto avete la mappa del nostro percorso.

Il nostro percorso intorno a Cortina d’Ampezzo.

Primo Giorno – Da Cortina d’Ampezzo al Rifugio Sennes. Le placche al sole della Croda del Becco.

Le previsioni meteo qualche giorno prima della partenza non erano molto confortanti, ma più si avvicinava la data e più la situazione dava cenni di miglioramento. Sicuramente le nuvole ci hanno tenuti freschi nel lungo avvicinamento in bici da Cortina al Rifugio Biella, prima tappa della giornata e del nostro viaggio. Lungo la ferrovia fino a Fiames la pedalata è leggera e veloce, ci aiutamo con un pò più di motore sui ripidi strappi che portano a Ra Stua. Da Ciampo de Crosc inizia il tratto ripido della Val Salata, se non si usano bene le marce e il cambio, una buona dose di equilibrio e un pò di tecnica l’espulsione dal sellino è dietro l’angolo! E’ dura rimontare in carrozza, cominciano le prime “smadonnate” ma presto siamo sul piano che porta a Sennes. Girato a destra, c’è ancora un pò di salita per il Biella, la batteria l’abbiamo già spremuta bene ma c’è ancora benzina per finire la giornata. Un timido sole sbuca tra le nubi, raggiungiamo il rifugio in poco più di due ore. Il tempo di un cappuccino e una fetta di torta, mettiamo l’imbragatura e ci incamminiamo verso la base della placconata sud della Croda del Becco.

La parete sud della Croda del Becco. 

La Croda del Becco è molto popolare tra gli escursionisti, il Rifugio Biella è la prima tappa della Alta Via n.1, ma di arrampicatori non ce ne sono tanti in giro. E’ abbastanza distante da raggiungere, qualcuno utilizza un servizio Jeep per l’avvicinamento, ora con l’e-bike e un pò di fatica si può considerare una bellissima uscita giornaliera da Cortina, con divertimento assicurato in discesa. Ci sono molte vie di arrampicata su questo muro di calcare appoggiato lavorato a rigole, la nostra scalata parte a destra del caratteristico tetto alla base della parete dove si trova un segno di vernice verde. La prima parte fino alla cima della caratteristica piramide basale è facile e divertente, si trova uno spit di passaggio, per il resto ci si protegge con qualche friends e spuntoni. Dalla cima della piramide si trovano soste attrezzate con spit, qualche chiodo e cordone su clessidra di passaggio. L’arrampicata si fa leggermente più ripida, perdiamo un pò il conto dei tiri fatti ma alla fine penso siano stati nove. La via termina su una larga cengia erbosa all’altezza della fine delle catene sulla via normale per la cima della Croda del Becco.

Gio sulle belle placche iniziali. Croda del Becco.

Alla fine dell’arrampicata. Croda del Becco.

Le nuvole avvolgono la cima, è ora di pranzo e le pance brontolano. Non esitiamo un attimo, prendiamo la via delle catene e scendiamo al Rifugio Biella per rifocillarci. Salutiamo Checco dopo pranzo, lui scende a Cortina mentre noi proseguiamo verso il Sennes, nostro rifugio per la notte. Un’oretta di sali scendi lungo un sentiero stretto e a volte tecnico, la batteria non ci abbandona fino alla fine! Al rifugio ci mettiamo in ciabatte, e tiriamo fuori i caricabatterie prima di bere qualcosa. La pioggia arriva con la cena, un bel temporale che guardiamo dalle finestre del rifugio.

Secondo giorno – Dal Rifugio Sennes al Passo di Val Parola, visita al “Pino Garitta” agli Orte de Tofana e arrampicata alla falesia del Sass de Stria.

Il Cox sulla sterrata di Cianderou. Col Rosà sullo sfondo.

Una bella giornata di sole ci aspetta fuori dal Rifugio Sennes. L’aria è fresca, la strada da fare lunga. La discesa fino a Pian de Loa passando per Fodara Vedla è divertente, a parte le dita fredde che schiacciano le leve dei freni sui tornanti della militare per Ciampo de Crosc. Cambiamo presto registo una volta raggiunto il fondovalle, la salita per Passo Posporcora è molto ripida e in un paio di rampe dobbiamo spingere le bici. In poco tempo raggiungiamo il punto dove nascondere le bici per fare una visita speciale. Gli Orte de Tofana, la ripida zona boschiva a cavallo del Valon de Ra Ola, erano molto frequentati durante la Grande Guerra.

Il pino garitta degli Orte de Tofana.

Erano anche una zona strategica tanto da spingere un soldato italiano a scavare una postazione d’osservazione sulla prima linea austriaca all’interno di un pino cembro, che nonostante siano passati quasi 100 anni è ancora lì, testimone vivente di tempi ormai lontani. Non è un luogo accessibile a tutti, la traccia è chiaramente leggibile solo a tratti, qualche ometto aiuta nella ricerca, altri sono fuorvianti. Qualche tratto scabroso richiede prudenza, il pino è ben mimetizzato e si svela solamente a pochi passi di distanza.
Ritorniamo alle nostre bici dopo un paio d’ore abbondanti, ancora qualche tornante in salita ci separa dal Passo Porporcora. Abbiamo ancora un’oretta e mezza prima della pausa pranzo al Rifugio Dibona, e riguadagnamo il versante soleggiato lungo la bellissima sterrata di Cianderou, uno dei percorsi più panoramici di Cortina. E’ un piacevole sali scendi fino al Sentiero Montanelli, in discesa raggiungiamo Ru Merlo e per piste da sci e un sentiero molto fangoso raggiungiamo finalmente la strada asfaltata che ci porta verso il Rifugio Dibona. Solita routine, fuori i caricabatterie e gambe sotto la tavola. La fame dei ragazzi aumenta col passare dei giorni, arrivati al dessert non ne basta uno ciascuno, vogliamo ancora dividerci un paio di fette tra le migliori già assaggiate. La via per il Falzarego è tutt’altro che finita, ci aspetta un bel sentiero tecnico con del portage interessante, la strada militare che passa per l’Ospedale sotto le torri del Falzarego e una bella mia foratura con rottura raggio poco prima del passo. Abbiamo ancora qualche ora di luce, non c’è segno di pioggia né all’orizzonte né sul bollettino meteo. E allora stanotte si dorme in tenda (e sarà anche l’unico giorno senza pioggia!), e ci facciamo pure due tiri in falesia al Sass de Stria mentre aspettiamo Sandro con tutto il resto dell’attrezzatura.

Jacopo in falesia al Sas de Stria.

Ci posizioniamo sotto il Valparola, in uno dei pochi punti asciutti del terreno paludoso che ci circonda. La cena è un bel “Kroff Dinna style” detta alla Philip e Terrence di South Park, ovvero delle mie buste Lyo Food della Patagonia 2017 scadute solo da un mese, insieme a un pò di ragù di cinghiale (ci trattiamo bene noi!) spalmato su del pane in cassetta.  Nonostante tutto, c’è del buon entusiasmo nell’aria mentre i colori del tramonto  si esprimono al meglio sulla parete Ovest del Lagazuoi.

Terzo Giorno – Dal Val Parola al Rifugio Cinque Torri.  La Strada de la Vena.

Strada de la Vena. Jacopo sfreccia con la sua Specialized rosso Ferrari sopra Colle Santa Lucia. Il Pelmo sullo sfondo.

Con una buona colazione al Rifugio Valparola ci siamo guadagnati il permesso di caricare il mio cellulare sull’unica presa delle due sale da pranzo del rifugio e un secondo telefono direttamente dietro il bancone del bar (naturalmente dopo aver ordinato la terza fetta di strudel, altrimenti non ci sarebbe stato verso).  Nel terzo giorno la bicicletta è la grande protagonista, dal Val Parola siamo al Falzarego in un flash, la discesa prosegue lungo i tornati del versante agordino del passo in direzione Castello di Andraz. Oggi navigo a vista, ho sempre sentito parlare di questa Strada de la Vena come uno dei classici percorsi in bici più belli e panoramici delle Dolomiti, ma non l’ho mai fatta prima. Prima del Castello, all’altezza di una vecchia stalla, un cartellone bianco informa sui lavori in corso lungo il percorso, in parte devastato dalla Tempesta Vaia di un paio d’anni fa. Uno più piccolo in basso a destra, illustra e spiega il nostro percorso di oggi.

Strada de la Vena.

La Strada de la Vena o Via del Ferro collegava le antiche Miniere del Fursil ( ricche di ferro resistente particolarmente adatto fin dall’antichità alla fabbricazione di spade) che si trovano a Colle Santa Lucia ai forni per la lavorazione posti dal 1600 a Col dei Furs presso Valparola. Queste miniere di ferro ai piedi del Monte Pore erano le più importanti dell’intero territorio Dolomitico e fornivano i forni dello Zoldano, del Cadore, del Agordino e della Val Badia. Il Castello di Andraz era punto di controllo del transito di minerale grazie alla sua posizione centrale, ed è qui che inizia la strada ciclabile. Il primo tratto è in discesa, il percorso ben segnalato e anche ripido, ma la strada è ora in condizioni eccezionali grazie ai lavori di restauro di quest’estate. Proseguendo verso il villaggio di Colcuc dobbiamo attraversare dei paravalanghe e paramassi abbattuti, raggiunto il villaggio prendiamo per qualche chilometro la strada asfaltata perché a fine luglio i lavori sul tratto seguente fino alla Forcia e Canazei non sono stati ancora ultimati. Il panorama è aperto e splendido, verso la Marmolada e i Monti di Laste. Arrivati ai villaggi di Tié e Canazei lo sfondo è dominato dal Pelmo e dalla Val Fiorentina, voglio proseguire per la Strada de la Vena anche se sulla mappa diventa un sentiero. Questo diventa presto una traccia e si incazza tra Costa e Costauta, diventa molto esposto e prima di Troi abbiamo una mano sul cavo metallico che assicura il passaggio e una sul manubrio della bici. Ogni tanto do una sbirciata alle mie spalle per vedere che succede, non è proprio facile la location. “E se qui tengono la mano solo sul cavo e lasciano la bici sfracellarsi giù dal burrone?” penso qua e la. “Cazzo, non lasceranno mica andare giù cinquemila euro di bici” penso tra me. La certezza della loro mano attaccata al cavo metallico non era in discussione, per fortuna non mi sentivo di dover valutare altre oscure possibilità.

Strada de la Vena. Il tratto tecnico prima di Troi.

Fa caldo, abbiamo sete e la strada per il pranzo al rifugio Averau è ancora lunga. Tabacco sul telefono alla mano proseguiamo per altri villaggi che non conoscevo, ancora sterrate, attraversiamo un torrente e il Cox riesce pure a bucare la ruota dietro su una rampa quasi verticale a poca distanza dalla asfaltata del Passo Giau. Questa volta sono più bravo come meccanico, riesco a sistemare tutto senza rompere uno di quei delicati attrezzi di plastica per aprire il copertone. Sull’asfalto è tutto più facile, pompiamo il motore tanto al Fedare possiamo barattare una fetta di dolce con un pò di corrente per le nostre e-bike. La sterrata che segue fino al rifugio Averau è una smadonnata per qualcuno di noi, che non dosa bene il motore e l’equilibrio…forse c’è anche un pò di stanchezza eh. Se metti i piedi giù tocca camminare un pochino. Alle due del pomeriggio il rifugio Averau è già più tranquillo, stavolta gli allievi hanno superato il Maestro nella scelta del piatto, e Jacopo ha il coraggio di ordinare pure una porzione di gnocchi al formaggio dopo un carrè di maiale con patate bestiale.

Jacopo sull’ultimo tiro della Torre Inglese. Cinque Torri.

Ovviamente non ci siamo fatti mancare il dolce. Sono le tre e mezza quando rimontiamo in sella, scendiamo al rifugio Scoiattoli e su un sentiero semi deserto lasciamo le nostre bici al “sasso dei bambini” di fianco alla Torre Inglese. Il programma pomeridiano propone una Torre Inglese come digestivo. Per i ragazzi è anche l’occasione della prima corda doppia!

Gio in discesa dalla Torre Inglese alla sua prima corda doppia

Siamo in orario chiusura, ancora pochi minuti in bici ci separano dal Rifugio Cinque Torri, dove ci concediamo la prima birretta insieme e una doccia calda prima di cena. Domani sarà un giorno più tranquillo, in teoria.

Quarto giorno – Arrampicata alle Cinque Torri e bici fino a Malga Federa.

In cima alla Torre Grande. CInque Torri.

Oggi si parte con comodo, arriva Gio Zac per il caffettino alle 8.30. Niente zaini in Cinque Torri, li lasciamo di fianco alle bici sempre belle in carica. Attacchiamo la via delle Guide alla Torre Grande, le due doppie in discesa fino alla prima sella sono puro godimento per i giovani. Da qui proseguiamo con la via “Nuvolau”, c’è un bel tiro ripido all’attacco con un passo non banale, ora protetto da uno spit nuovo di zecca. Dalla cima ci caliamo verso Est, con la doppia “speleo” come la chiamo io, 60 metri pieni fino all’ultimo saltino di venti metri che porta alla base della parete. E’ ora di pranzo, vogliamo prenderla easy oggi, puntiamo dritti al nostro tavolo prenotato al Rifugio Scoiattoli. E’ una vera giornata guida in Cinque Torri questa, una vietta e gambe sotto la tavola. Ci piace molto! Anche perché, il pomeriggio, non sarà proprio una scampagnata. Ma i ragazzi non lo sanno ancora.

Comincia la biciclettata fino a Malga Federa. Cinque Torri.

Facciamo ancora un paio di tiri digestivi sulla palestrina della Torre Latina prima di metterci in sella al Rifugio Cinque Torri.  Scendiamo sul sentiero vicino alla Bòa, il Cox ci fa vedere un bel eject tra le radici degli alberi, per fortuna è duro come una roccia, non si fa nulla. Passata la “direttissima Cianzopè”, la prima parte del sentiero verso Pezié de Parù è il festival del fango, la seconda parte invece è una vera figata, sempre in totale solitudine. Comincia il su e giù verso il Cason del Macaron, ma presto siamo sulla asfaltata che sale a Federa.

Tra Cianzopè e Pezié de Parù.

Qui ci diamo dentro col gas, sorpassiamo qualche ciclista onesto che andava al rallentatore, uno mi chiede in un inglese con forte accento tedesco “Do you want to exchange bikes?” nel punto più infame della salita…ma scherziamo. Io non sono mica un ciclista, e odio far fatica se posso evitarla.

Federa è uno spettacolo alla sera, il panorama sulla conca di Cortina è bello come pochi altri posti. Stasera abbiamo due camerette con doccia privata. Vero lusso!

Quinto Giorno – In cima alla Croda da Lago per la Cresta Sinigaglia e discesa a Cortina d’Ampezzo.

Il Cox lungo la Cresta Sinigaglia. Croda da Lago.

L’ultimo giorno ci regala ancora una giornata fantastica, non sono ancora mai salito in cima alla Croda da Lago e oggi è il giorno giusto. In una ventina di minuti a tutto gas siamo già al Rifugio Palmieri, qui c’è Gio Zac a darci una mano ancora una volta. La Croda è così vicina eppure l’avvicinamento alla Cresta Sinigaglia, nostra meta di oggi, ci costa del tempo e una bella dose di fatica. Il balcone erboso a metà parete è super panoramico e veramente particolare, siamo legati in cordata perché comunque ci sono dei canaloni di roccia e tratti molto esposti da affrontare ben equipaggiati. La Cresta Sinigaglia è un bellissimo itinerario di fine Ottocento sulla cresta nord della Croda da Lago. L’arrampicata raggiunge forse il IV grado in qualche passaggio che raddrizza il percorso originale (che sulla descrizione del Berti non dovrebbe superare il II grado). E’ nel complesso ben attrezzata con cordini alle clessidre (a volte forate) e qualche chiodo di passaggio. La discesa dalla cima è una sequenza di corde doppie fino al cengione di attacco, sono state attrezzate delle soste nuove a spit per una corda da 70 metri, un pò in diagonale dopo la seconda, ma sono sempre presenti le vecchie soste a chiodi ogni 25-30 metri. Una corda da 60 metri per una cordata è più che sufficiente, insieme a qualche rinvio e un paio di friends per la salita.

Alpinismo d’antan sulla Croda da Lago.

In cima alla Croda da Lago.

In cima alla Croda da Lago.

Questa via è stata il vero battesimo alpinistico per i nostri ragazzi, che si sono comportati alla grande nonostante fosse il quinto giorno in giro per le montagne. Bisogna contare almeno 5-6 ore andata e ritorno dal rifugio Croda da Lago. Siamo arrivati tardi per un pranzo classico, ma un tagliere di speck e formaggio e doppia fetta di torta per tutti ci ricarbura a dovere prima della discesa finale a Cortina, tra i fischi dei poveri freni a disco delle nostre biciclette.

Questo viaggio in Dolomiti tra bici e arrampicata lo inserisco tra le più belle esperienze della mia estate 2020, voglio ringraziare Gio Zac e Checco Tremolada per il supporto tecnico e ancora una volta Jacopo Giovanni e il Cox per la compagnia e i bellissimi momenti passati insieme, e naturalmente i loro genitori che me li hanno dati in custodia ad occhi chiusi.