La Croda Rossa d’Ampezzo è uno dei 3000 più affascinanti delle Dolomiti, una superba montagna dal carattere alpino e impervia da ogni versante la si osservi. D’estate è la protagonista nelle immagini degli escursionisti lungo i comodi sentieri tra Pratopiazza e Ra Stua. Durante la stagione invernale è una montagna molto frequentata, la traversata della Forcella di Colfiedo è una classica gita sci alpinistica intorno a Cortina; svalicare la forcella Nord è già un itinerario tecnico che richiede condizioni di neve sicure e viene affrontata normalmente in primavera. Mettere piede sulla cima è cosa per pochi, la Croda Rossa d’Ampezzo è infatti rinomata per la cattiva qualità della roccia, la severità dell’ambiente, la lunghezza e complessità della via normale. E’ una montagna particolare, sulla carta presenta ben 4 vie normali, tre dal lato ampezzano di Ra Stua e una da Pratopiazza.
La “Via Comune” dal versante Nord Ovest fu un tentativo del 1865 da parte di Paul Grohmann accompagnato dalla guida Angelo Dimai e il cacciatore Fulgenzio Dimai, che si fermarono alla base di un caminetto, ritenuto impossibile da superare, a pochi passi dalla vetta. La cima della Croda Rossa d’Ampezzo venne raggiunta ufficialmente nel giugno del 1870 dalla guida Santo Siorpaes di Cortina insieme a Edward Whitwell lungo l’evidente canalone Ovest sopra la Val Bones (Sinigaglia nei suoi racconti di fine Ottocento scrisse che questa salita venne effettuata l’anno dopo il tentativo di Grohmann).

In Val Bones d’inverno, a sinistra il tracciato dellla “Vecchia Via Comune”, a destra il Canalone Ovest.
Qualche mese dopo il Canalone Ovest, Santo Siorpaes aprì quella che si conosce come “Vecchia Via Comune”, sempre dalla Val Bones, la salita più frequentata a fine Ottocento quando gli alpinisti facevano base dal Ploner a Carbonin, oggi questa salita vede pochissimi passaggi per via del difficile orientamento (soprattutto in discesa) anche se le difficoltà non superano il II grado. La Vecchia Comune si ricollega alla via di Grohmann alla forcella del canale terroso a 2940 metri. L’ultima via normale da Pratopiazza, salita per la prima volta dal grande Michel Innerkofler nel 1883 (Wundt nel suo bellissimo libro “Sulle Dolomiti d’Ampezzo” racconta l’episodio curioso che ha spinto la grande guida di Sesto a salire da solo per la prima volta in cima dal versante Est), e aggiustata da altre cordate negli anni seguenti, rappresenta ad oggi la via più seguita per la cima della Croda Rossa d’Ampezzo, una vera via di arrampicata su roccia nel complesso solida che raggiunge il IV grado, ben attrezzata nei punti chiave e con diverse soste a spit e catene che agevolano la discesa. Non è comunque da sottovalutare per la lunghezza dell’itinerario e per il terreno sempre impervio e severo.

L’attacco della Grohmann alla Croda Rossa d’Ampezzo. Sul canalone terroso e la traccia di salita alla forcella sulla cresta Ovest. Sulle rocce a destra del ripido canalino è evidente la grande “P” gialla descritta sulla guida del Berti.
La via Grohmann è sicuramente l’itinerario tecnicamente più facile, può rientrare tra quelle “passeggiate di croda” come la normale al Cristallo, non fosse per il canalone di attacco che porta sulla forcella in cresta Ovest, famoso per la precarietà e pericolosità del terreno. E’ questo uno dei motivi che scoraggia i ripetitori durante la stagione estiva. Se la salita viene affrontata tra la fine di maggio o prossimi all’estate, tutta la parte alta della val Muntejela è normalmente in condizioni invernali e il tratto scabroso che porta in forcella sulla cresta Ovest non è altro che un ripido pendio di neve sui 50 gradi a cui segue un canalino di neve stretto ancor più ripido, lungo una ottantina di metri fino in forcella a 2940 metri, in un ambiente che ricorda le goulottes delle Alpi Occidentali.
Raggiunta la forcella, il percorso fino all’Anticima Nord tra cenge e brevi saltini rocciosi è abbastanza evidente e ben segnalato da ometti e segni rossi, ma non va sottovalutato perchè si svolge su un terreno molto esposto su roccia non sempre salda e coperta di detrito. L’altro giorno, arrivati all’intaglio che separa l’Anticima Nord dalla vetta, guardando il ripido pendio di neve costellato da creste e torri traballanti di roccia marcia, ci sembrava di vivere una avventura di alta montagna a soli 3000 metri.
Il contesto si fa molto arioso ed entusiasmante, con i ramponi nuovamente ai piedi raggiungiamo in breve la base del caminetto che sulla carta presenta il tratto tecnicamente chiave dell’intera salita. Rimango in parte stupefatto che quegli 8 metri sotto il plateau sommitale, a pochi passi dal punto più alto della montagna abbiano potuto far desistere la cordata di Grohmann a proseguire, dopo tutte le difficoltà ambientali che devono aver affrontato fino a quel punto. Ma non vi nascondo che visto da di fronte è ripido e incute rispetto, forse perché adesso è un pò coperto di neve, in realtà la roccia è finalmente solida e ricca di appigli e appoggi generosi. Un chiodo cementato all’uscita sulla destra può essere utile per assicurare il compagno in salita e per attrezzare la breve corda doppia in discesa. Il plateau sommitale è poco più grande di un campo da tennis, raggiunta la croce di vetta si gode finalmente di un panorama eccezionale su tutte le Dolomiti e le Alpi Austriache. Il libro di vetta conserva le firme di molti alpinisti ed appassionati saliti degli ultimi anni, confermando una frequentazione ben superiore alle mie aspettative.
Seguiamo a ritroso il percorso di salita, il tratto delle cenge sull’Anticima Nord che porta alla forcella a 2940 metri non è più così evidente come in salita, qua e là ci fermiamo per controllare il percorso e non infilarci in trappole detritiche. Se si affronta questo tratto libero dalla neve, è praticamente impossibile sbagliare la forcella di discesa, ben evidenziata da cordoni su uno spuntone, un ometto e una freccia rossa un pò sbiadita che indica il versante di discesa. Dai cordoni, in condizioni invernali, con una doppia da 50 metri si raggiunge una prima sosta buona (a destra, faccia a valle), attrezzata con due chiodi, lungo lo stretto canalino di salita. Da qui, con altri 30 metri di calata si è già sul ripido pendio di neve, eventualmente ci sono altre 3 soste attrezzate con cordoni e/o chiodi sugli unici massi solidi che spuntano dalla neve, probabilmente molto utili anche in estate per abbassarsi il più possibile in quel mare rosso e ripido di materiale instabile.
La neve presente su tutto il pendio facilita e velocizza la nostra discesa in Muntejela, siamo circondati dal silenzio e non c’è traccia del branco di stambecchi che ci ha accolto alle prime luci del mattino. L’aria fresca di una splendida giornata tardo primaverile ci accompagna verso Ra Stua lungo il vecchio sentiero “0”, il bivacco Helbig – Dall’Oglio è stato rimosso nel 2013 ma piccoli pezzi di latta grigi nascosti tra i sassi ricordano la sua eccezionale posizione. Il piccolo antro dove si trova la “Madonna della Solitudine” sulle rocce delle Jeralbes, poco distante dal sito del bivacco, è un’altro angolo conosciuto dai pochi amanti di questi luoghi solitari e autentici intorno a Cortina d’Ampezzo.
Mi sento di consigliare la salita alla Croda Rossa d’Ampezzo per la via Grohmann a tutti gli amanti della Montagna vera, esperti e preparati. In condizioni tardo primaverili come l’abbiamo percorsa noi, sono necessari imbragatura, casco, ramponi e una piccozza (due piccozze potrebbero essere utili per sentirsi più sicuri), due corde da 60 metri sono consigliabili per la discesa dalla forcella sulla Cresta Ovest insieme a qualche moschettone, cordino e discensore. Qualche cordone da abbandono in zaino fa sempre comodo per sostituire quelli che non appaiono in buono stato nelle soste di calata. Altro materiale tecnico non serve. Come tempi, noi abbiamo impiegato poco meno di 4 ore da Ra Stua per la cima, a buon passo procedendo slegati lungo tutto l’itinerario; in discesa 3 ore scarse per rientrare alla macchina. Qui sotto trovate una selezione di immagini dell’itinerario.
- Sulla Cresta Ovest, il gruppo del Sorapiss e Pelmo sullo sfondo. Croda Rossa d’Ampezzo.
- Croda Rossa d’Ampezzo, Muntejela alle prime luci.
- Sul canalone terroso e la traccia di salita alla forcella sulla cresta Ovest. Sulle rocce a destra del ripido canalino è evidente la grande “P” gialla descritta sulla guida del Berti.
- Carlo sul ripido canalino che porta in forcella. Croda Rossa d’Ampezzo.
- Croda Rossa d’Ampezzo, via Grohmann.
- Sotto l’Anticima Nord, uno sguardo sulla cima della Croda Rossa d’Ampezzo.
- La cengia esposta che porta all’intaglio tra l’anticima e cima della Croda Rossa d’Ampezzo.
- Sul ripido pendio di neve prima della cima, in basso a destra le Tre Cime di Lavaredo. Croda Rossa d’Ampezzo.
- A pochi passi dalla cima della Croda Rossa d’Ampezzo.
- Carlo sbuca dal caminetto chiave sul plateau sommitale. Croda Rossa d’Ampezzo.
- In cima alla Croda Rossa d’Ampezzo.
- In discesa in Val Muntejela, c’è aria di primavera.
- Sulla via di rientro a Ra Stua. Croda Rossa d’Ampezzo.
- La Madonna della Solitudine, un pezzo di storia di Cortina d’Ampezzo.
- Vecchi segni del sentiero “Zero”, ufficialmente chiuso da un pò di anni.
- Sci alpinismo in Val Bones, a sinistra il tracciato della “Vecchia Comune”