Non ero mai salito in cima al Pelmo fino all’altro giorno. Da non credere direte voi, eppure tra una cosa e l’altra ho sempre dovuto rimandare, l’ultima volta due estati fa quando mia figlia aveva deciso di nascere e non potevo perdermi i suoi primi secondi di vita.
Da un anno è la mia montagna di casa, la vedo ogni mattina prima di montare in macchina, quando vado col passeggino all’Happy Park di Borca o lungo la ferrovia per San Vito. Si dice che andiamo sempre in cerca di altro e snobbiamo le belle cose che abbiamo comode, ma in questo caso a salire in cima al Pelmo c’è ben poco di comodo, men che meno con la neve e gli sci.
Il primo problema è la sveglia, bisogna incamminarsi presto perché il Pelmo si scalda velocemente ed essere in cima di primo mattino per non mettersi nei casini o peggio ancora dover tornare indietro a metà salita. Non la chiamerei poi una gita con le pelli, piuttosto una lunga gita sci in spalla, e questo è il secondo problema. Partire da Zoppé di Cadore alle tre e mezza di notte per un bosco senza ombra di neve non è molto motivante per i miei standard, e pensare di portare gli sci in groppa per quasi sei ore…fate voi i conti. Il terzo problema, il carattere decisamente alpinistico della gita che richiede normalmente un tiro di arrampicata sul III-IV grado sci in spalla e scarponi ai piedi, corda intera rinvii e balle varie, per fortuna questa volta non c’è, perché la cengia di Ball adesso è praticamente pulita e si riesce ad evitare questo tratto chiave della salita.
L’ Alpinismo Eroico mi è un concetto un pò lontano, e proprio perché lo smaronamento alpinistico è al momento tutto sommato accettabile, mi sono convinto di andare in cima al Pelmo insieme a delle top sci alpiniste come la Nico e Dina l’Invisibile. E’ stata una gita speciale, l’atmosfera che si vive in montagna alle prime luci dell’alba ripaga di ogni minuto perso fuori dal letto, e poi, oh! questo è il Pelmo, la prima cima ad essere stata ufficialmente salita in Dolomiti. Quanto ho letto sulla storia di questa montagna e sull’avventura del 1857 di John Ball insieme alla sua guida Giacin durante la prima ascensione. Salire in cima al Pelmo vuol dire mettere piede su un pezzo di storia di alpinismo in Dolomiti. La cengia, in diversi tratti non banale, il Passo del Gatto, poi il Vant, e gli ultimi metri sotto la cima, dove ancora bisogna affrontare un brevissimo tratto esposto e ripido sono tutte parti di un viaggio che emoziona se ci si cala nella parte di un avventuriero irlandese di metà Ottocento.
La discesa con gli sci ai piedi è il perfetto completamento di questa escursione, i pendii del Pelmo sono ideali per una discesa mai impegnativa e di puro piacere quando la neve è trasformata e molla al punto giusto. Alla fine ci siamo poi calati per la paretina di roccia, il Salto Pordon, evitando una buona metà di cengia. Basta portarsi un cordino da 60 metri ed essere tranquilli nel disarrampicare una breve fascia rocciosa, facile ma delicata.
Grazie alle mie compagne di viaggio per una giornata a dir poco memorabile.
- La piramide dell’Antelao all’alba, mi ricorda la copertina di “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd.
- Prime luci.
- Sulla Cengia di Ball.
- Alla fine della Cengia di Ball.
- Alla fine della Cengia di Ball.
- Alla fine della Cengia di Ball.
- Ambiente Dolomitico di prima classe.
- Verso l’Antelao.
- Sul tratto ripido prima del Vant.
- A pochi passi dalla cima del Pelmo.
- Firn super sotto la cima.
- Dina in discesa dal Pelmo.
- Nicoletta in discesa dal Pelmo.
- Dina “pronta” per essere calata
- Il Pelmo visto dalla Mulattiera del Rifugio Venezia.